DE SIMONE
C’era una volta il passato…
Quando?
Quando era la memoria a guidare il passato, una memoria lingua viva dei morti,
i quali oggi finiscono in discariche piuttosto che in cimiteri, perché fa male alla coca cola il
De Profundis
, fa male alle multinazionali del petrolio un
Requiem
per i soldati morti in guer-
ra…
.
Ad esprimersi così, con il gusto della provocazione verbale al limite del paradosso, è Roberto
De Simone, compositore, drammaturgo, regista, etnomusicologo, nonché sacerdote della
memoria: settantottenne
enfant terrible
dell’Italia che pensa o, meglio, di quel che ne resta.
Già, mi dico: quello che conta oggi è il futuro…
quale futuro?
, obietta De Simone.
Che
significa futuro? Esiste più, il futuro, con un Moloch inceneritore delle parole quotidiane, dei
piccoli gesti del comunicare, di silenzi assorti nel ricordare, di colpe e tradimenti incisi con il
tic tac del cuore di ognuno? E mi riferisco anche a quel Moloch – lavagna televisiva di solitu-
dini lunari – in cui la parola futuro ha qualcosa di spaventosamente preistorico.
Codeste frasi, fra le molte, di un dialogo immaginario sono, a dire il vero, il frutto – alla lettera
– di una multipla citazione, tratta da un testo che mi
viene di definire “da combattimento”: cioè
l’
Introduzione
a firma di De Simone al sostanzioso
volume con cui il Maestro napoletano accompagna,
dopo una voragine di trentuno anni, la riedizione, inte-
grata e arricchita, dei settantotto brani sonori costitutivi
dei
Rituali e canti nella tradizione in Campania
: sorta di
summa
della operosità etno-antropologica del Maestro
ottenuta all’epoca, registrando in studio dal vivo le
manifestazioni canore e verbali degli umili protagonisti
– di estrazione contadina – di una cultura schiettamente
popolare. Grazie alla lampeggiante sensibilità musicale
di De Simone, la raccolta aveva assunto il tono e il
carattere, rimasto integro, di una sinfonia virtualmente
in grado di riprodurre all’ascolto, nella sua schiettezza,
il canto di un intero popolo. Un vero e proprio evento,
esistenziale, artistico, storico.
Nipote dell’omonimo attore di teatro e di cinema, il nostro Roberto, nato il 23 agosto 1933
a Napoli, a sei anni suona già il pianoforte, a tred ici si iscrive al Conservatorio di San Pietro a
Maiella di Napoli; a quindici esegue il
Concerto per pianoforte ed orchestra K. 466
di Mozart,
per il quale scrive anche le cadenze. In seguito, con l’esecuzione del
Concerto in do Minore n°
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per pianoforte e orchestra di Beethoven, è indicato come uno degli allievi più meritevoli nel-
l’arcipelago dei conservatorî italiani del tempo ed è scelto per partecipare al Premio Nazionale
intitolato a Giuseppe Martucci, classificandosi fra i primi.
Nel 1957 De Simone intraprende la sua carriera concertistica vera e propria alternando con
ricerche sull’espressività popolare della Campania, assunta con struggente partecipazione e
con una collaterale attività di compositore e musicologo. Lasciati successivamente il concer-
tismo e gli studi, si iscrive alla facoltà di Lettere dell’Università Federico II d i Napoli, per dedi-
carsi esclusivamente all’attività musicale e all’approfondimento delle tradizioni popolari cam-
pane. Appartengono a questo felice periodo le musiche scritte per l’
Edipo re
di Sofocle, per
La
lunga notte di Medea
di Corrado Alvaro , per
Io Raffaele Viviani
di Achille Millo.
Nel 1967 grazie all’incontro con un promettente gruppo di giovani interessati ad una nuova
proposta della musica popolare, Roberto aveva già dato luogo alla nascita della
Nuova
Compagnia di Canto Popolare
, divenendone l’animatore, il ricercatore e l’elaboratore dei
materiali musicali.
La suddetta esperienza, in un arco di tempo compreso fra il 1967 e il 1974, aveva assunto
per De Simone un duplice significato, inducendolo da un lato a sperimentare gli elementi basi-
lari del suo fare teatro; dall’altro sospingendolo verso un nuovo modo di concepire e proporre
la musica popolare. Come primo obiettivo Roberto si propone il recupero e il rilancio del
patrimonio culturale, teatrale e musicale della tradizione popolare campana, orale e scritta. Il
repertorio popolare non viene da lui riproposto in maniera arbitraria, ma appoggiato su sistemi
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