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Oggi, però, questa definizione, sia sul piano tecnico, soprattutto per l'avvento
dei sistemi elettronici; sia su quello filosofico-estetico, per il quale una definizio-
ne fondante non può certo partire da una peculiarità tecnico-produttiva, non può
essere più considerata valida ed infatti ha lasciato il posto alla successiva. Il cine-
ma di animazione è infatti il risultato di una operazione tecnica che prescinde sia
dalla riproduzione meccanica della realtà fenomenica sia, in certi casi estremi,
dallo stesso uso della macchina da presa: molti film di animazione sono infatti
disegnati, incisi, graffiati direttamente sulla pellicola. Non può essere segnata,
quindi, una netta linea di confine: nelle sue rappresentazioni più realistiche il ci-
nema di animazione deborda nel cinema “dal vero”; nella sua accezione più a-
stratta, invece, si avvicina alla pittura, alla scultura, all'arte cinetica.
È possibile qui per maggiore chiarezza, senza la pretesa di essere esaustivi, defi-
nire con Rondolino:
[...] L'animazione, cioè il movimento all'interno dell'immagine, è il ri-
sultato del lavoro meticoloso e paziente di un artista o di una
équipe
di tecnici-
artisti, i quali [...] devono predisporre anticipatamente il movimento finale del
film suddividendolo in tante unità di tempo determinate da precise regole com-
positive, che ovviamentte possono anche non uniformarsi ai dati sperimentali
del tempo reale³.
Ed è proprio nell'intervento dell'artista a cre-
are questo movimento, che risiede la grandez-
za delle possibilità espressive ed estetiche
dell'animazione. D'altro canto, nella sua dina-
micità, il cinema di animazione rimane pur
sempre arte sorella delle altre arti visive, in-
tessendo anzi, nel corso della propria storia,
un dialogo spesso fertile con le scuole con-
temporanee delle arti grafiche e plastiche. An-
che Alexejeff, uno degli autori importanti,
riconosce quale elemento fondante del cinema
di animazione il
“movimento fittizio ma evidente”
delle immagini. L'animazione,
scrive,
“si presenta come un metodo di creazione di
movimento,
immagine per
immagine, qualunque sia la tecnica ultilizzata” .
Andando, però, a scavare più in
profondità nei suoi contenuti artistici, egli riconosce che sia possibile
“praticare
la fotografia con arte”
così come la pittura in forma di artigianato, ma rimane
fondamentale il
“filtro”
dell'occhio dell'artista nella sua rappresentazione,
“la cui
opera, appunto, non ha nulla a che fare con la 'natura' ma ha a che fare con l'i-
dea che lui [...] si fa di questa natura” .
Contro l'impossibilità di filtrare i
“dettagli indifferenti”
della fotografia e del cinema dal vero (
“in arte non c'è
nulla di superfluo, in una fotografia quasi tutto è superfluo” )
egli oppone il cine-
ma di animazione come
“opera pura dello spirito”
.
Per Alexejeff l'animazione
attinge, quale materia prima,
“unicamente alle idee umane” ,
che gli uomini si
fanno delle cose. E all'elogio dei contenuti si affianca l'elogio della lentezza pro-
duttiva contro i frenetici ritmi delle leggi di mercato.
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³ Giovanni Rondolino,
Storia del cinema d'animazione
, Torino, UTET, 1974, p. XVI