vo e quello verbale siano due personalità distinte che, pur convergendo sul fine, non potranno
mai collimare e fondersi – identici – ma solo produrre voci poco o molto dissonanti. Ciò avvie-
ne ad esempio con il realizzatore visivo che, non essendo per attitudine e competenza uno sto-
rico all’altezza della situazione, ricorre all’
escamotage
di affidare ad altri di lui più competen-
te la traduzione verbale del film, che ne risulterà a tutti gli effetti dissociata. O quando, del pari,
essendo uno storico dell’arte chiamato a realizzare un film anche visivamente, in quanto
responsabile del suo senso generale e particolare che pur gli compete, demandi ad altri per ina-
deguatezza specifica la resa visiva del prodotto. Con risultati per di più incontrollabili e incon-
trollati, che il comune giudizio riproverà.
Riepilogando anche a costo di ripeterci in parte, ribadiamo che l’autore ideale di un film
sull’arte è colui che, per occasionali che siano eventualmente le sue abilità, risponde
in toto
delle immagini e del giudizio storico e di valore, in cui un’opera filmica dedicata all’arte con-
siste: affermandosi egli, al tempo stesso, come regista e come storico in atto. Egli risponderà
in conseguenza così delle immagini, nel loro specifico assetto linguistico: “campo”, “fuoco”,
“angolazione”, “mobilità”, “ritmo”, “sequenzialità”, “sintassi”; come della loro sostanza
discorsiva, verbalizzabile. E qui si torna al nodo del problema costituito dal commento parlato
che integrerà le immagini. E’ proprio qui infatti che si usa fare ricorso alla dissociazione for-
zosa tra una funzione registica mutila o incompleta e la funzione troppo spesso surrettizia o
alienante esercitata da un commentatore in veste di storico. Testo iconico e testo verbale, insi-
stiamo, sono tendenzialmente equipollenti. In tal senso, come anticipato, l’immagine è parola
e la parola è immagine. Non è assolutamente da consigliare la loro divaricazione, bensì è da
garantirne l’integrazione, sul fondamento unitario di un pensiero visivo storicamente imposta-
to.
In altre parole andrà evitato per quanto possibile, che una delle persone addette alla realiz-
zazione di un documentario sull’arte, investita che sia del compito della regia, si comporti solo
da coordinatore tecnico con mansioni direttive, ed eserciti le sue ridotte competenze limitan-
dosi, nel migliore dei casi, ad “illustrare” un soggetto storico che non gli appartiene e non gli
compete, sia esso tradotto in una sceneggiatura, in un testo-guida, in una qualsiasi scrittura alie-
na; ovvero che un’altra persona, magari storico dell’arte per vocazione o professione, ma non
avvezzo agli stilemi visivi si riduca, tenuto com’è al margine del film nel suo farsi, ad essere
solo l’estensore di un saggio storico-critico, anche letterariamente o scientificamente pregevo-
le, ma inadeguato alle necessità.
2