e dell’identificazione dell’arte sacra, di quella liturgica, o dell’arte più genericamente spiritua-
le. Noi ora vorremmo, invece, proprio attraverso la voce di famosi artisti – e quando usiamo
questo termine si rimanda non solo alle arti figurative classiche, ma anche alla letteratura, alla
musica, al cinema, all’architettura, alla
video-art
e così via – isolare alcune consonanze radi-
cali e strutturali tra fede e arte, pur consapevoli che molti oggi le esorcizzano o le ignorano.
Innanzitutto arte e fede tendono verso l’assoluto, cercano di esprimere l’ineffabile, di
“costringere” l’infinito e l’eterno nello stampo della parola, della forma, dell’immagine, del
suono.
L'arte è l’Ignoto
, diceva il poeta francese Jules Laforgue nei suoi “Lamenti lirici”, e
Paul Klee era consapevole che l’opera dell’artista non è quella di rappresentare il visibile ma
di introdurci nell’invisibile, tant’è vero che anche l’arido taglio della tela compiuto da Lucio
Fontana simbolicamente era
uno spiraglio per intravedere l’Assoluto
.
Credere e creare sono due atti fondamentali che l’uomo adotta per raggiungere la trascen-
denza, come affermava suggestivamente il poeta Paul Valéry, quando scriveva nei “Cattivi pen-
sieri” che
il pittore non deve dipingere quello che vede, ma quello che si vedrà
.
A questo futuro perfetto, all’assoluto cercato dall’uomo la fede dà il nome di Dio che talo-
ra è esplicitamente riconosciuto come propria meta anche dallo stesso artista. Bach, sommo
musicista e grande credente, non aveva dubbi quando poneva in capo alle sue partiture la sigla
sdg
,
Soli Deo gloria
, e dichiarava:
Il
finis
e la causa finale della musica non dovrebbero mai
essere altro che la gloria di Dio e la ricreazione della mente
. Lapidario Hermann Hesse nel suo
saggio su Klein e Wagner :
Arte significa: dentro a ogni cosa mostrare Dio
.
In questa luce, arte e fede fanno germogliare e custodiscono nel loro grembo un messaggio,
una verità alta ed efficace; non interpretano soltanto, ma rivelano e
creano un mondo
, per usare
un’espressione del filosofo Martin Heidegger. La loro funzione è epifanica, irradiano una luce
che le ha percorse. Significative sono le parole di Kafka nei suoi “Preparativi di nozze in cam-
pagna”:
L’arte vola attorno alla verità (...) e il suo talento consiste nel trovare un luogo in cui
se ne possano potentemente intercettare i raggi luminosi
. La polemica contemporanea, secon-
do la quale l’arte dev’essere libera da ogni messaggio per non essere asservita a nessuna ideo-
logia, spesso merita il giudizio sferzante di Borges che, in “Altre inquisizioni”, ironizzava:
Chi dice che l’arte non deve propagandare dottrine si riferisce di solito a dottrine contrarie
alle sue
.
In ultima analisi, noi crediamo religiosamente e creiamo artisticamente per scoprire il senso
supremo dell’essere e dell’esistere e non semplicemente per arredare e ornare la nostra anima
e le nostre case o città. Illuminante è la confessione di un autore apparentemente lontano da
motivazioni trascendenti come Henry Miller, che nella “Sapienza del cuore” asseriva:
L’arte
non insegna niente, tranne il senso della vita
.
Benedetto Croce, nel suo saggio su Schiller (raccolto in “Poesia e non poesia”), era convin-
to che
nella vera poesia le espressioni che suonano più semplici ci riempiono di sorpresa e di
gioia perché rivelano noi a noi stessi
. È questo un altro modo per celebrare la funzione epifa-
nica dell’arte nello svelare il mistero che è in noi; ma nella frase c’è una parola interessante,
“sorpresa”. Sappiamo che la fede si nutre di stupore, di contemplazione, di illuminazione.
Ebbene, Chesterton nel suo scritto “Generalmente parlando” aggiungeva:
La dignità dell’arti-
sta sta nel suo dovere di tener vivo il senso di meraviglia nel mondo
. Si tratta di una grazia che
irrompe nel fedele e nell’artista e gli fa vedere il mondo con occhi diversi, scoprendo nuovi
mari quanto più si naviga.
È lo stesso sguardo di Dio, ed è curioso notare che le nostre lingue hanno adottato lo stes-
so termine per indicare l’ “ispirazione” delle Scritture Sacre e quella dell’artista. Anzi, nella
Bibbia si dice che Bezalel, l’artefice dell’arca dell’alleanza e della tenda dell’incontro di Israele
col Signore nel deserto, fu
colmato dello spirito di Dio
, come i profeti,
perché avesse sapien-
za, intelligenza e scienza in ogni genere di lavoro, per ideare progetti da realizzare in oro,
argento e bronzo, per intagliare le pietre da incastonare, per scolpire il legno ed eseguire ogni
sorta di opera
(
Esodo
31, 3-5). Nel “Primo Libro delle Cronache” anche i cantori e i musici-
sti ricevono una sorta di “ispirazione” divina, tant’è vero che il termine per indicare l’esecu-
zione musicale è lo stesso che designa l’attività profetica,
nb
’ (25, 1).
Per questo
ogni poesia è misteriosa: nessuno sa interamente ciò che gli è stato concesso
di scrivere
(così Borges nel prologo alla sua “Opera poetica”). Si entra, dunque, con la fede e
con l’arte nel santuario del mistero per cui, come suggeriva il pittore Georges Braque nel suo
testo “Il giorno e la notte”,
l’arte è fatta per turbare, mentre la scienza rassicura
. È la stessa
grande inquietudine della fede che sant’Agostino ha mirabilmente espresso nel suo celebre
2