CINEMA E ARTE SACRA,
NUOVI ORIZZONTI
di Vittorio Di Giacomo
Non si dice niente di nuovo quando si afferma che decisivo nel bene e nel male, per le sorti
della cultura e la formazione delle coscienze, è il ruolo equivoco assunto nella società contem-
poranea dall’ideologia macchino-centrica, che fa dello strumento digitale e delle sue mirabo-
lanti prestazioni, non soltanto la legittima protesi del potenziale umano, preconizzata da
Marshall Mc Luhan, bensì la chiave di volta di una trasformazione in radice dell’essere al
mondo e del porsi in relazione con se stessi, con gli altri, con Dio. Si pensi anche solo per un
attimo alle allucinanti fantasie dei fanatici dell’
intelligenza artificiale
targati “Silicon Valley”.
Chi ricorda in proposito la fantascientifica, straziante denuncia del regista Spielberg nel film
omonimo? E chi conosce e valuta l’accusa formulata una volta di più da Jaron Lanier,
partner
architect
di “Microsoft Research”, riportata lo scorso agosto dal quotidiano “la Repubblica”?
E che dire, senza giungere a tali astrazioni mentali, di una pubblicità visivamente ossessiva,
fantasmagorica produttrice di beni e bisogni fittizi ed effimeri?
Chiarita a tal punto la natura insidiosa di un sistema elevato surretiziamente a mito, dotato
per di più di suggestioni ludiche e spettacolari, e accertata che sia, per altro, la portata collet-
tiva di un fenomeno sociale in crescita esponenziale, in ragione inversa all’età di chi lo fre-
quenta, ritengo che chiunque si occupi e si preoccupi del bene comune possa e debba – ciascu-
no nel suo ordine – usare la massima cautela nello scambio sociale del mezzo, ponendo un argi-
ne, in modi decisamente
soft
per evidenti motivi, al suo impiego parossistico. Ciascuno nel suo
ordine, si è detto... E l’esempio più eclatante ci viene oggi, per ispirazione concorde dei suoi
vertici, dalla Chiesa romana, con la campagna in atto detta dei “Testimoni digitali”. Per la
quale l’attesa è permeata di speranza.
Per chi come noi – presi come persone
singole e come gruppo – si è per scelta e pro-
fessione occupato da sempre di comunica-
zione audiovisiva, analogica e digitale, aven-
do nella lingua e nei linguaggi del cinema
l’archetipo per eccellenza, la funzione al
tempo stesso rappresentativa ed interpretati-
va della multiforme realtà, esercitata dal
cinema nelle sue specie culturalmente più
incisive, è una conquista di raro valore criti-
co, pari soltanto a quella posta in essere nei
secoli dall’esegesi dei classici della letteratu-
ra e della filosofia.
Sulla base di codesta concezione criticamen-
te sperimentata e collaudata avvenne, ora è
qualche anno, che sotto gli auspici e con il
patrocinio del
Pontificio Consiglio della
Cultura
, nella persona del Presidente emeri-
to, cardinale Paul Poupard, e grazie alla lun-
gimirante risoluzione del presidente della
Pontificia Accademia di Belle Arti e Lettere
,
lo storico dell’arte Vitaliano Tiberia, pren-
desse le mosse il progetto ideato e promosso
da chi scrive, “Cinema e Arte sacra”, inteso
a restituire nelle sue grandi linee lustro e pre-
stigio al genere cinematografico che, della
lettura critica delle arti, nella fattispecie
sacre, aveva fatto la sua avvalorata ragion
d’essere. Tutto ciò in vista di una stagione
come la nostra che, altamente tecnologizzata
qual è, andava affrancando in prospettiva la
crcolazione del film sull’arte in genere, e
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