assurto agli onori della cronaca. E se le critiche non mancavano, non era mai per l'uso, avver-
tito come necessario, della musica nel film; ma al più per la qualità di certa “musica cinema-
tografica”; per non dire dell'impiego brutale e irriverente dei repertori classici che corrivamen-
te prendeva piede.
Canudo fra tutti, nel suo
Manifesto delle Sette Art
i, attribuiva all'immagine cinematografica ed
al suono che le si accompagnava, la sintesi suprema di tutte le arti dell'uomo, di tutte le sue
forme espressive note. Leggiamo di lui, fra l'altro: “
La Settima Arte concilia così tutte le altre.
Quadri in movimento. Arte Plastica che si sviluppa secondo le leggi dell'Arte Ritmica [...]. Le
forme e i ritmi, ciò che chiamiamo Vita, nascono dai giri di manovella di un proiettore [...]. La
ronda delle luci e dei suoni attorno ad un incomparabile focolare: la nostra anima moderna
3
.
Se da una parte Canudo così declamava, dall'altra però lamentava:
“ E infine posso garantire
io stesso l'autenticità del fatto – non verificatosi tra gli ultimi pellerossa, ma nel pieno fulgo-
re della civiltà dei boulevards – che si può incollare a freddo l' Eroica di Beethoven ad una
qualsiasi, ignominiosa avventura ad episodi
4
”
.
Fanatismi e romanticismi di eredità wagneriana a parte, è indubbio che agisca sempre nel cine-
ma una musicalità, frutto della sua stessa scansione, del suo ritmo. Taluni sostengono addirit-
tura che il cinema sia musica o che solo mediante la musica, esso si realizzi compiutamente.
Leggiamo nella sopra citata opera di Pirandello:
“Bisogna che il cinema si liberi della lettera-
tura, per trovare le sue espressioni vere e allora compirà la sua vera rivoluzione. Lasci la nar-
razione al romanzo e lasci il dramma al teatro. La letteratura non è il suo proprio elemento, il
suo proprio elemento è la musica [...]. S' immerga tutto nella musica, ma non nella musica che
accompagna il canto; il canto è parola [...]. Io dico la musica che si esprime con i suoni e di
cui essa, la cinematografia, potrà essere il linguaggio visivo”
.
W. Rutmann,
Opus I
Pirandello cominciò da parte sua ad intessere relazioni con il regista tedesco Walter Ruttmann,
con il quale iniziò a stendere la sceneggiatura del film “
Acciaio
”, completata poi dal proprio
figlio. Ruttmann, lodato per il suo “
Berlino, sinfonia di una grande città
”, aveva infatti già al
suo attivo una serie di film di animazione astratti – “
Opus I-II-III-IV
” – che pure essendo muti
facevano, della resa grafica della musica, il loro elemento fondante. Una tale permeanza era
vista da Ruttmann in termini di ritmo e movimento.
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3
R. Canudo, L'officina delle immagini, Roma 1966
4
Ibidem
2