CineArte on line 2007 - 213 - page 481

LE GEOMETRIE SEGRETE DEI PITTORI
Il contributo recato da Henri Storck, regista belga di Ostenda (l’amatissima Ostenda delle calde
accoglienti sabbie estive affacciate sul mare del Nord ), alle ragioni dell’arte – che in ultima
analisi sono quelle del voler essere comunicata e vissuta intimamente, in una o più delle sue
tante forme e verità possibili – è, per qualità, inversamente proporzionale alla sobrietà che con-
traddistingue in Storck l’attività del documentarista, rispetto a quella dell’autore di
fiction
.
La massima testimonianza di un vitale contributo di Storck al genere documentario fu quella
da lui resa con il mediometraggio
Rubens
, la cui realizzazione gli era stata commissionata dal-
l’autorità di governo del suo paese, nei tardi anni quaranta del ‘900, allo scopo di offrire al resto
d’Europa un’immagine significativa dei quel sommo artista, servendosi del linguaggio essen-
ziale del cinema. E l’opera aveva corrisposto alle aspettative, giungendo a costituire un’auten-
tica pietra miliare lungo il cammino laborioso che conduce due sguardi (quello dell’artista ori-
ginale, quello dell’interprete esecutore) a identificarsi nelle composite immagini dello scher-
mo.
Il merito gli fu presto riconosciuto. Era il 1948, quando la giuria della Biennale di Venezia si
trovò concorde nell’assegnare a Storck (e al suo altrettanto geniale collaboratore, Haesaerts),
ex aequo
con Alain Resnais per il film su
Van Gogh
, la prima medaglia d’oro della felice sta-
gione del documentario europeo dedicato “all’arte figurativa”.
Autentica immersione, attiva e reattiva, nella materia incandescente di un’artista proteiforme
dalle molte vite, il
Rubens
di Storck godette e gode tuttora dei frutti di una “fortuna” critica
pari al merito. E ad essa ci associamo con convinzione, parlandone con voi spettatori di oggi,
non foss’altro per quella mirabile sequenza “sacra”, quasi un film nel film, dedicata da Storck
con mimetico empito di creatività e di fede alla Passione del Cristo. Non essendo tuttavia e non
volendo neppure essere, questo nostro breve testo, una specifica disamina di quel film, ci limi-
tiamo a metterne a fuoco un dettaglio critico-interpretativo, che ci siamo risolti ad estrapolare
dal contesto a titolo di esempio e a fini dimostrativi, per testimoniare una volta di più del pote-
re critico dello strumento cinema.
Il dettaglio in questione si riferisce all’uso che Storck fa della cinepresa per mettere in risalto,
con l’ausilio di grafismi schematici sovrimpressi, la geometria occulta che sottende e innerva
la composizione pittorica di Rubens; e così pure il moto concentrico che lo pervade, animan-
dolo dall’interno, avvitato in un vortice ascendente cui il pittore sembra voler conferire – nel-
l’interpretazione che il cineasta ne offre – un potere allusivo trascendente il ristretto ambito
naturale. In realtà, l’espediente a cui Storck ricorre, con intento a prima vista esplicativo e
didattico da un punto di vista meramente strutturale, va ben oltre i confini episodici in cui sem-
bra confinato, per assumere il senso e il valore di una risposta all’assillante interrogativo sulla
funzione ritmica, che con le varie denominazioni di
sezione aurea
, di
simmetria
, di
equilibrio
,
di
proporzione metrica
, non ha mai cessato di coinvolgere gli artisti e i cultori delle arti, impe-
gnati a individuare il carattere di fondo dell’arte: di tutte le arti, da quelle che un tempo si usava
definire spaziali, a quelle dette temporali; e che, ora, proprio la misteriosa legge del ritmo acco-
muna, nonostante la specificità di ciascuna. Che questi nostri accenni, estemporanei ma com-
plessi, al problema del ritmo in arte e, in genere, al misterioso rapporto che la matematica, se
pure spogliata di ogni pretesa numerica, intrattiene tenacemente con gli artisti: che i nostri
cenni (dicevo) non siano una semplice divagazione, lo dimostrano opere storiografiche attuali,
anche se non recentissime, come quella che qui si segnala ai ricercatori volenterosi: la
Geometria segreta dei pittori”
di Charles Bouleau, che è tutta un omaggio alle discipline
armoniche dello spirito umano. Si tratta di un viaggio che occupa più di trecento pagine (dal-
l’età romanica ad oggi) a cui il sospetto di un sottinteso strutturale metricamente impostato,
nulla toglie del fascino che lo pervade. Dalla miniera di osservazioni che sostanziano questa
opera, ci limiteremo allora ad estrarre le righe che l’autore dedica al più geometrico degli arti-
sti contemporanei, l’olandese Mondrian:
“Così con una intransigenza eccezionale, Mondrian
1
1...,471,472,473,474,475,476,477,478,479,480 482,483,484,485,486,487,488,489,490,491,...526
Powered by FlippingBook