saperi ancestrali […].
Non si tratta di indicare come soluzione l’isolamento, la
chiusura, l’estremismo di scelte difficilmente accettabili
oggi, ma di segnalarne la possibilità. Per questo, l’ulti-
ma parte del film documentario – certamente la più sug-
gestiva e poetica – racconta un anno di lavoro di un con-
tadino della valle dell’Adige. Solo le immagini e i suoni
della natura, disturbati di tanto in tanto dal volo di un
elicottero o dal più lontano rombare di un jet, a ricorda-
re un progresso che qui sembra superfluo. È la narrazio-
ne di semplici gesti quotidiani, del paziente e faticoso
lavoro della terra scandito dal lento ritmo del giorno e
della notte e dall’alternarsi delle stagioni […].
Olmi è convinto che ciò sia possibile. E con questo film
documentario vuole testimoniarlo. Lo fa senza ricorrere
al sensazionalismo – che pertanto non è mai stato nelle
sue corde – ma con misura, facendo leva sull’evidenza
dei fatti e sulle emozioni. Scrive nelle note di regia: «e
noi cittadini metropolitani, che viviamo inscatolati nelle
nostre città, senza più i colori e i profumi delle stagioni,
forse, in un giorno molto prossimo, se ci capiterà di pas-
sare accanto a un orto dove un nonno e una piccola
bimba colgono i frutti maturi, allora potremo ancora
riconoscere la vera casa dell’uomo».
2
Jean-François Millet
,
Le spigolatrici
, particolare