niente dal Palazzo ai Santi Apostoli.
I codici rari e i manoscritti originali erano il vanto della Chigiana, finché furono ceduti alla
Biblioteca Vaticana, nel 1922. Restano i solenni scaffali, lavoro di ebanisteria seicentesca, e
pegno per un ritorno ai severi studi storici. Oggi vi è accolta la biblioteca della Presidenza del
Consiglio.
Nell’ala antica del palazzo
Con questa fuga di affreschi annidati tra scenografie prospettiche negli scomparti della volta –
omaggio ottocentesco della famiglia ad un suo membro, Mario, per le nozze – entriamo nel-
l’ala più antica del palazzo.
La Sala Morosini e il Salone del Mappamondo,
con l’arazzo di scuola rubensiana e il fregio dello Schor
Questo ambiente, ora vestibolo di passaggio, è conosciuto col nome di Sala Morosini. Dietro i
battenti della porta si apre il salone con il busto di Marco Aurelio. Era questa la sala maggiore
dell’antica casa Aldobrandini. La ampliò a dismisura l’architetto Della Greca ed oggi, per le
sue dimensioni, ospita le riunioni del Consiglio dei Ministri. L’arazzo fiammingo, intessuto su
cartone della scuola di Rubens, è testimone del tenace amore di questi nostri padri del Seicento
per la storia dei Greci e dei Romani. Un austriaco, Giovanni Paolo Schor, firmò il fregio dipin-
to nell’anno 1665.
La Sala delle Scienze. Alcuni esempi della quadreria
Dal cerchio di tre medaglioni, morbidi putti alla prese con i simboli della geometria, della geo-
grafia, dell’astronomia, accennano movenze di gioco. Si trasforma così una semplice antica-
mera niente meno che in “sala delle scienze”, anche se si tratta di una ben lieve scienza dipin-
ta. Dalla parete un “Paesaggio con contadini” di scuola fiamminga è una buona introduzione
alle tele sparse nell’appartamento...Ecco il “Moretto con cani”, groviglio selvaggio tra lampi di
luce.
Ecco “L’Amore e Diana” della scuola di Nicolas Poussin.
Ecco infine il fiammingo “Porto con mercanti”, che ci è di scorta allo studio del Presidente del
Consiglio.
Lo studio del Presidente del Consiglio, con i quadri, l’arredo e il fregio
Siamo nel cuore del vecchio palazzo. Sopra la scrivania un “Presepe” quattrocentesco su tavo-
la. Alla parete di fronte due tele di Andrea del Brescianino, pittore manierato, di simpatie raf-
faellesche. Insieme con lo scrittoio di linee lombarde, con la specchiera di un trionfale
Settecento, con gli stalli di legno intarsiato, opera senese, i due dipinti di Andrea concorrono
all’impressione generale, che è quella di un calibrato equilibrio, misurato sul metro dell’ele-
ganza.
Ma il fregio ci riporta ai fatti della vita: anzi, della morte sul campo. Vi si commemora un Gian
Francesco Aldobrandini caduto nel 1601, nel pieno della maturità, combattendo contro i
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