LA RAI APRE AL PUBBLICO IL SUO PATRIMONIO AUDIOVISIVO
Non c’è dubbio: anche se distrattamente avvertita dai più, è la notizia del giorno. La fortezza
RAI, che per 300.000 ore televisive e 500.000 radiofoniche, dal 1954 ad oggi, ha in diversa
misura e con varietà di modi e di occasioni invaso il nostro privato più labile con l’inarrestabi-
le flusso dei suoi enunciati visivi e sonori (agendo pertanto senza possibilità di replica o quan-
to meno di verifica da parte della
“audience”
) ha ceduto (sua sponte) alla logica dei tempi,
calando i ponti levatoi e permettendo ad una consistente porzione di utenti virtuali, di fare i
conti con se stessi, al fine di riconoscersi o di rinnegarsi, di deprimersi o esaltarsi – con la liber-
tà volontaria di un interiore contraddittorio – rispetto a quella che era stata la loro primitiva
esperienza di spettatori e ascoltatori.
Che cos’è accaduto, nei fatti? Che la RAI, sottoscrivendo un accordo di reciprocità con
l’Accademia di Santa Cecilia, ha deciso di mettere a disposizione dei suoi utenti virtuali (gra-
zie al libero accesso alla Bibliomediateca del mitico, romano, Auditorium Parco della Musica)
il patrimonio audiovisivo fin qui di difficile accesso, salvo che per una manciata di diligenti
studiosi. A sua volta l’Accademia di Santa Cecilia ha deliberato in forza del medesimo accor-
do, di mettere alla portata di cultori ed appassionati – sempre negli spazi dell’Auditorium
romano – le registrazioni musicali di livello, già custodite nel proprio archivio storico.
Registrazioni che verranno in tal modo ad aggiungersi ai 120.000 volumi di proprietà accade-
mica che, insieme al patrimonio storico, fotografico, sonoro ed etnomusicologico, sono già
consultabili nella Biblioteca dell’Auditorium.
Per informazioni più circostanziate, orari o altro, consultare l’Auditorium.
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