CineArte on line 2007 - 213 - page 424

sembrava accettare quella maturità che anni prima gli faceva orrore, anche come parola. Andò
in cantina, volle che bevessimo il “suo” Merlot, cominciava a gustare il vino, forse a sostituir-
lo giudiziosamente all’optalidon. Fra le tre e le quattro si assentò, scusandosi: poichè era il più
eminente cittadino di Chia, doveva consegnare un premio a chi piantava più alberi per nascon-
dere le villette nuove, stridenti con il sublime paesaggio etrusco.
Perché qualche giorno dopo andò incontro alla morte? Era finta la sua accettazione della matu-
rità, o l’aveva all’ultimo ripudiata?
Questo ritratto in prosa di Pier Paolo Pasolini, chiaroscurato, affettuoso, folto di domande a
mezza voce senza risposta, comparve sul quotidiano
La Repubblica
del 29 ottobre 1976.
Incline nella stesura all’aneddoto, la prosa di Bertolucci coglie tuttavia, fra le righe, il peso
delle ombre che gravavano, enigmatiche, sulla pagina di Pier Paolo, lasciando intravedere il
lato tragico di un Pasolini, lirico e apocalittico profeta in tempi e circostanze non sospetti.
L’occasione di questo ricordo è dovuta, in parte, all’uscita dell’ultimo saggio su Pasolini, a lui
dedicato da Tomaso Subini, edito dall’
Ente dello Spettacolo
con il titolo
“La necessità di mori-
re”,
che ci ripropone il poeta cineasta nella sua appassionata e inquietante attitudine nei con-
fronti della morte e del sacro. La rivista
“Ciemme”
ce ne offre una penetrante lettura, dovuta
a Davide Zordan.
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