FLASH-BACK (JUGO)SLAVO
Dubrovnik, 17 maggio 1991
Tanto tripudio di bandiere, da noi, neppure per la
semifinale dei campionati mondiali di calcio.
Bandiere ovunque: alle finestre, a far da vela ai giuo-
chi scatenati dei ragazzi o in cima ai campanili di tutte
le chiese, a Spalato, all’isola di Lesina e a Ragusa,
ossia, se vogliamo stare alla toponomastica ufficiale, a
Zadar, a Trogir, a Sibenik, a Split, all’isola di Hvar e,
per finire, a Dubrovnik.
Questa, di poter usare per strada o in albergo il vec-
chio nome italiano e veneziano delle città dalmate,
non era stata l’ultima delle sorprese. L’ostilità verso il
passato storico di marca italiano, che negli anni del
dopoguerra si era sfogato, fra l’altro, nello scalpella-
mento di molte targhe con su scritto, alla veneziana,
“calle”, o dei pannelli con il leone di San Marco, sim-
bolo di Venezia, sembrava come per incanto scompar-
sa o, quanto meno, messa tra parentesi. E il fatto non
aveva mancato di sorprendere gradevolmente me e gli
amici italiani con cui mi ero ritrovata. Al punto che,
allorquando un gruppo organizzato di turisti italiani di
estrazione dalmata e fiumana, si era levato in piedi per
intonare, nel salone di un albergo di Zara, il fatidico
Va pensiero
, i camerieri croati avevano mostrato di
accoglierlo con simpatia.
Questi fatti, con il passare dei giorni, ed altri ancora,
come quella che era parsa – sul lungomare di Spalato
– una carnevalata di patriottici ultrà, si andarono tra-
sformando in una serie di interrogativi, riassumibili in
uno: che senso e che portata aveva questo fervore
nazionalistico di chiaro stampo croato? Già, perché
dimenticavo di dire che le bandiere non erano le ban-
diere ufficiali dello stato jugoslavo, ma sul bianco, il
rosso e il blu inalberavano lo stemma a scacchi bianchi
e rossi della repubblica croata.
A questo punto è giunto, inatteso ed inquietante, il
suggerimento di escludere dal mio viaggio il parco di
Plitvice, la perla del turismo jugoslavo. Doveva esserci
una ragione e grave: a Plitvice c’erano stati brevi ma
sanguinosi scontri tra l’esercito federale jugoslavo, la
polizia croata e imprecisati ribelli di parte serba e di
parte croata. Mettendo insieme sintomi ed indizi, voci
e mezze voci, titoli di giornali, il mosaico ha comincia-
to a precisarsi. E mi sono detta: ecco, ci risiamo, la pen-
tola jugoslava è giunta al suo punto di ebollizione e sta
per scoppiare. Sta, cioè, per tornare ai primordi, alle
tensioni che, fra la prima e la seconda guerra mondiale,
portarono all’assassinio del re Alessandro e alla seces-
sione degli Ustascia di Ante Pavelic. Vale a dire che,
dopo quarantacinque anni di equilibri e di equilibrismi imposti da Tito, la nazione jugoslava
minaccia di rivelare tutta la sua inconsistenza, mentre l’odio fra le repubbliche minaccia di
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Dubrovnik 1991
, le mura romane
Dubrovnik 1991,
il Palazzo dei Rettori