CineArte on line 2007 - 213 - page 432

IL MIO MARE PERDUTO
C'è una memoria documentaria, debitrice della matematica: serve alle scienze fisiche e alla
vita sociale. C'è poi la memoria storica, nerbo delle scienze umane. Infine, la memoria che fa
capo all'arcipelago delle emozioni, in cui consiste il tessuto della nostra vita interiore.
Oggi è di scena questa. Il suo senso segreto va ravvisato nel dono di un passato-presente
che essa rielabora nella vivezza della forma originaria, a favore di colui che torna, volendo, a
fruirne e ne gode. E in quanto tale viene ad essere l'esatto contrario del rimpianto e della
nostalgia – del tormentoso e involontario patire di una felicità smarrita: l'opposto del virgilia-
no e dantesco dolore di Enea e di Francesca, indicibile l' uno
(infandum)
, disperato l'altro. È
bensì l'armonia effusa che in noi si genera rigenerandoci, propria di un gioioso intermezzo,
ancorché labile. Luminoso e integro. Ed è materiato di parole e di immagini, scolpito al vivo
nella luce del suo riverbero.
Di tale natura è l'evocazione del paesaggio mediterraneo di una volta, che Raffaele La
Capria, scrittore a noi caro, tracciò anni or sono, con il titolo
Il mio mare perduto
, in un nume-
ro della rivista "Italia Nostra"; e che in buona parte riproduciamo qui ed oggi, avendone tra-
scritto a suo tempo il testo a futura memoria. La sua natura è poetica, estranea al fluire del
tempo.
Duplice era, tuttavia, quel testo, facendo corrispondere all’esplosione lirica l'invettiva più
cruda, per l'incubo di una criminosa autodistruzione di quel prezioso patrimonio di bellezza,
già celebrato come il giardino d'Europa. Paradossalmente, a dispetto delle stagioni trascorse
dal giorno di quella pubblicazione, quel mal volere serba intatta la sua criminosa attualità,
volta a un futuro inamovibilmente presente, minacciosamente attuale.
E che un' arcana provvidenza, ultima dea, ce ne scampi!
“Ricorderò sempre il giorno in cui da quota cinquemila sul volo Milano-Palermo, nella stra-
ordinaria trasparenza di un mattino vidi in un solo colpo d’occhio il Circeo e le isole Pontine,
Ischia, il Vesuvio e Capri fino a Palinuro, fino alle alte maestose remote montagne della
Calabria, tutte insieme nel cerchio dello sguardo. Così portentosa fu la visione di quella terra
di golfi e vulcani sotto di me, così azzurro il Tirreno in cui si specchia, che mi parve di sogna-
re. E pensai anch’io agli Immortali che “
come in profondi tàlami giacendo, lasciarono impron-
te sacre, vestigia eterne della bellezza prima… sotto i miti chiari cieli lontani
”.
E chi, se non D’Annunzio poteva dirlo con parole simili? Ma subito dopo immaginai quegli
stessi luoghi visti non più da cinquemila metri d’altezza, ma da vicino. E un lamento triste
come una melopea si levò dal mio cuore: perduto è questo mare – pensai – e tutte le baie le
spiaggie le marine ridenti sulla costa italiana, per più di seimila chilometri su settemila. Perduti
Miseno, Cuma e Baia, i Campi Flegrei fumanti sulfurei vapori, perduti Lucrino e Trentaremi e
Nisida dai bei nomi. Perduto il golfo della Sirena Partenopea, a Omero sacro e a Virgilio, per-
duto da Posillipo alle rive vesuviane, perduto più di Pompei ed Ercolano. Perduta la penisola
cara a Minerva, coi pensili giardini di limoni, perduta la trasparenza delle acque di Nerano,
1
Foto di Mara Pacella
1...,422,423,424,425,426,427,428,429,430,431 433,434,435,436,437,438,439,440,441,442,...526
Powered by FlippingBook