risorse per vini sempre più pre-
giati, dal sapore ricercato per
palati raffinati. Poco spazio per
le “feste bacchiche” di un
tempo, quando l’uva si pigiava
coi piedi, che solo quando
diventavano rossi si poteva
smettere. Ce lo racconta
Francesco di Monticchio, che
ricorda di come si spandeva
penetrante l’odore inebriante di
mosto. Quell’aspro odore che
riavvicina nei secoli il culto dei
Satiri che si incoronavano di
pampini e ballavano fra filari di viti.
Appena dopo la vendemmia ha luogo il rito della raccolta delle olive sugli alberi contorti,
con le “frustate acide” dei rami quando sono prese negli occhi. I frantoi, meglio, i “trappeti”,
si affollano di contadini infreddoliti di ritorno dagli oliveti, con i loro sacchi gonfi di frutto,
l’ultimo raccolto dell’anno, prima del lungo letargo, l’inverno che incombe.
Il colore delle castagne sa di autunno, il suono sordo delle noci schiacciate nel palmo della
mano, è questo autunno. Colori, sapori e musica senza tempo, sudore e fatica: questo è l’au-
tunno, meglio celebrato da cantori e poeti.
“
Stagione di nebbie e morbida abbondanza, Tu, intima amica del sole al suo culmine / Che
con lui cospiri per far grevi d’uva / Le viti appese alle gronde di paglia dei tetti
…” magnifi-
cava il romantico inglese John Keats.
E il nostro: “
Quando morirò, ve ne prego, unite con un lungo sifone il vigneto al di sopra
del cimitero con la terra dove andrò a riposare, perché possa anche lassù poter godere del frut-
to pregiato, dell’aglianico e del moscato, e della malvasia…
” sospirava così prima dell’ultimo
respiro Michele Pastina, uomo di altri tempi, immersi nella magia degli odori che solo l’autun-
no sa regalare. Da regalare a quanti si sentono (con Withman) “
sensibili alle foglie
”.
Armando Lostaglio
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