VALENTINO CARBONI. L’ARTE “RIFIUTATA”
di Paola Biribanti
Probabilmente mai così tanto prima d’ora si è parlato e si parla, nel nostro Paese, della questio-
ne dei rifiuti (quando va bene) e della
munnezza
(quando va male). Si discute sui modi e i tempi
dello smaltimento, ci si interroga sulle sorti del pianeta e si cercano di individuare, tra le maglie
del recente passato, quegli ingranaggi della macchina Italia che non devono aver funzionato
troppo bene. C’è però anche qualcuno che, oltre ad avvertire il problema, non si è limitato a
selezionare il rifiuto per la raccolta differenziata, ma lo ha scelto, eletto per una destinazione
più nobile: l’opera d’arte.
Il qualcuno in questione è Valentino Carboni, classe 1963, umbro di Civitella del Lago (Terni),
che ha fatto dell’oggetto di scarto non solo un tema ricorrente all'interno della sua produzione,
ma la materia prima per la realizzazione della stessa.
Le opere di Carboni, pur essendo quasi tutte incorniciate, non
sono tuttavia dei quadri veri e propri. Si tratta piuttosto di
assemblages
di chiara quanto involontaria matrice New Dada
nei quali non è tanto la componente dissacratoria nei confronti
del concetto di arte ad essere l’elemento dominante, quanto la
protesta contro un modo di pensare largamente praticato nella
società e basato sulla logica del creare-comprare-gettare.
Spirito caustico e profondamente ironico, Valentino Carboni è
stato capace di dare vita a un linguaggio personalissimo che allo
stesso tempo scuote, turba e diverte, grazie anche ai titoli dati
alle opere, a volte talmente spiazzanti da far ribaltare totalmen-
te all’osservatore l’idea che si è fatto di un’opera fino a un
momento prima.
Incontrando l’artista gli abbiamo chiesto come e quando è nato
questo rapporto particolare con gli oggetti scartati.
“Non sono in grado di indicare un momento preciso, né un
come. Fondamentalmente sono sempre stato attratto dagli
oggetti usati, usciti dal circuito produttivo per essere sostituiti
4
Tutti abbiamo
un grande
fratello
, 2004
Solleone
, 2004