da altri. Credo siano molto più affascinanti rispetto ai loro simili nuovi di zecca. In realtà, più
che di ‘simili’ sarebbe più corretto parlare di identici, dato che mi servo di oggetti prodotti in
serie – bottiglie di plastica, copertoni, sacchi, scarpe, tubi, bulloni... . Un oggetto che porta
addosso i segni del tempo ha più cose da raccontare, indubbiamente”.
Quanto alla tecnica, come è approdato all’uso delle
vernici e alla realizzazione di
assemblages
?
“Lavorando come restauratore e lucidatore ormai da
parecchi anni, ho acquisito una certa familiarità con le
vernici, le colle, i vari tipi di legname... Praticamente ho
usato e uso gli strumenti che mi servono sul lavoro, solo
che li impiego in modo diverso. Che poi quello che
intendevo esprimere con le opere si sarebbe materializ-
zato in quadro, assemblages, sculture o altro diciamo
che all’inizio non era previsto. Nel senso che quando ho
cominciato non avevo un’idea precisa della forma che
avrebbero assunto le mie emozioni e le reazioni a quel-
lo che vedevo. Sono venute fuori così – indica intorno
– e guardandole oggi credo non avrei potuto né potrei
‘parlare’ con un linguaggio diverso da questo”.
Guardando le sue opere emerge in modo evidente la sua predilezione per l’arancione. Come
coniuga la solarità di questo colore con la tematica della morte, che è così ricorrente nella sua
produzione?
“Semplicemente
non la coniugo.
L’arancione è il
mio colore pre-
ferito, sin dai
tempi in cui ero
studente all’isti-
tuto d’arte. Non
ho smesso di
usarlo quando ho
iniziato
ad
affrontare temi
neri come la
morte, la violen-
za, la corruzione
ecc. Anzi, se
prima lo usavo
10, adesso lo uso
100, infatti credo
sia proprio gra-
zie al contrasto
soggetto-colore
che quello che mi urge esprimere risulta tanto chiaro. Sicuramente
è
l’opera che riassume meglio questo concetto. È la rappresentazione di uno dei drammi più
sconvolgenti dell’umanità eppure, se la si guarda a una certa distanza, e se soprattutto non si
legge subito il titolo, sembra una tappezzeria anni Settanta”.
Parliamo dei titoli, allora. Che importanza ha per lei il titolo di un’opera?
“Un peso enorme. Il titolo è il 50% del lavoro. Non concepisco certo il titolo come l’‘aiutino’
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Caos
, 2003
, 2003