COLLAGE O STICK?
Lanciato nel 1912, quando Picasso per primo lo usò nella “
Nature morte à la chaise cannée
”,
si chiamava con termine francese semplicemente “
collage
”, consistendo nel procedimento
d’incollare su tela o su carta materiali diversi, in genere minuti: pezzi di carta, ritagli di gior-
nale, frammenti di stoffa, fotografie, etc. A farne buono e cattivo uso furono dadaisti, futuristi,
surrealisti e simile genìa. (Il nostro Carlo Carrà vi si distinse con risultati d’arte, di cui si ricor-
da una artisticamente impeccabile “
Manifestazione interventista
”).
È passato quasi un secolo da quegli esordi, e il
collage
è proliferato sino all’adozione nelle
scuolette elementari, per la solerte iniziativa di qualche vispa maestrina.
Oggi il
collage
di buona memoria sembra essere tornato di moda, coinvolgendo in codesta
pratica migliaia di adepti, collegati sul filo delle reti WEB. Nulla da eccepire: come passatem-
po utile, non c’è in giro molto di meglio. C’è invece un’avvertenza da far circolare: che a nes-
suno venga in mente di adoperare l’antico e desueto termine francese. Il
collage
, messo in tal
modo fra parentesi, ha delegato le sue funzioni alla
stick art
(stick in italiano vuol dire sempli-
cemente adesivo). E i praticanti dello
sticking
, vale a dire i suoi
performer
, hanno costituito una
vera e propria “
stickering community
, che consente ad un tale ramo d’arte di figurare a pieno
titolo al fianco della
street art
, della
new pop
, della
writer art
, della
paper toys
, della
wall pain-
ting.
E chi più ne sa, più ne metta. Quando si dice: il linguaggio!
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