CineArte on line 2007 - 213 - page 255

PER IL SAN PAOLO DI PIER PAOLO PASOLINI
Nella impossibilità di accertare le reali circo-
stanze in cui sia scoccata, nella mente in
perenne tumulto di Pier Paolo Pasolini, la
prima scintilla destinata a dare corpo al pro-
getto di un film sulla vita e la morte di San
Paolo – l’atto di nascita di quel seme va rav-
visato nelle scarse ma già infiammate “pagi-
nette”, con cui Pier Paolo aveva dato sfogo
(giunto ultraquarantenne all’apice di un suc-
cesso mondano vissuto con passione adulta e
rabbia adolescenziale) a quell’
amore
ben noto
ai biografi, che egli stesso definiva “esclusi-
vo”, “invasato”, “intrattenibile”; un amore che
sino alla fine marcherà a fuoco lo sbocciare in
lui di ogni nuovo fantasma creativo.
Quelle “paginette” erano state indirizzate nel
maggio 1966 al “Caro don Cordero”, direttore
della
Sampaolofilm
, suo consulente in fatto di
religione, già aperto estimatore del
Vangelo
secondo Matteo
. Ma il dialogo epistolare non
aveva sortito l’effetto sperato, forse anche per
cause ambientali. Fatto sta che, successiva-
mente, nel 1968, la trattativa fra Pasolini e don
Cordero si riapre e in primavera, fra il maggio
e il giugno, lo scrittore dà libero corso ad un
suo nuovo approccio, integrandolo con gli
spunti nel frattempo maturati; e affidando di
conseguenza quella sorta di canovaccio filmi-
co cresciutogli dentro, alla pagina scritta.
Prende così forma e taglio appropriato quel
suo
abbozzo di sceneggiatura
per un film su San Paolo (di cui molto si è favoleggiato) che reca
fra parentesi, di mano di Pier Paolo, una specie di chiosa che suona così: “
sotto forma di appun-
ti per un direttore di produzione
”. Una nota che, a detta dei più, avrebbe configurato il propo-
sito di dare voce ad un copione tecnicamente introduttivo alla realizzazione vera e propria.
Nella lettera di accompagnamento è dato trovare almeno tre note di chiarimento, denotanti l’at-
titudine di fondo di Pier Paolo rispetto alla nuova creatura in gestazione: l’una inerente al tito-
lo, che Pasolini vagheggia di trasformare, come a sottolineare la gravità dell’impegno religio-
so, in
FILM TEOLOGICO
; una seconda riguardante il suo privato giudizio sulla versione delle
Lettere paoline
, usata per l’occasione; versione che il regista ritiene d’infima qualità letteraria.
Una terza, relativa alla revisione delle scene preventivamente abbozzate, sia pure con misura.
Ma quel che più da vicino tocca la sostanza del progetto ruota ancora una volta intorno alla
contraddizione, inerente alla figura di Paolo – che Pasolini giudica di natura ontologica – fra
il “santo” da una parte e il “prete” dall’altra. Dualità che induce il regista a schierarsi, ovvia-
mente, per chi lo conosca, dalla parte del
santo
e contro il
prete
; e ad attribuire al secondo,
senza esitare, tutte le contaminazioni possibili, inerenti al nefasto esercizio del potere. Un radi-
calismo, va sottolineato, aprioristico nella lettera e nella sostanza, ancorché temperato, nel con-
testo, là dove Pasolini mostra di dar merito alla Chiesa di Papa Paolo VI, “
di avere il coraggio
di condannare tutto il clericalismo e quindi anche se stesso in quanto tale (dico, nei suoi ter-
mini pratici e temporali)
”. Una sorta di
escamotage
diplomatico, viene da pensare: indice in
Pasolini di un insospettato
savoir vivre
: tale tuttavia, da non modificare gran che la sostanza
del dialogo intrapreso con don Cordero. Leggiamo insieme: “
Qui, in questa lettera introdutti-
va accentuo, per onestà, questo punto: nella sceneggiatura, come vedrà, la cosa è trattata con
meno schematismo e rigidità, lasciando libero lo spettatore di scegliere e di risolvere la con-
traddizione e di stabilire se questo
FILM TEOLOGICO
sia un inno alla Santità o alla Chiesa
” ; tut-
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Conversione di San Paolo
- Luca Signorelli ( particolare )
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