l’uso diffuso del piano sequenza, la maestosità ritmica nella concezione onirica dell’origine del
tempo filmico da “scolpire” nella costruzione dell’inquadratura, l’impiego drammaturgico del
colore fuso con l’azione degli elementi della natura – iniziato con le vicende del ragazzo pro-
tagonista de
L’infanzia di Ivan
, continuato con l’epico affresco di Andrej Rublëv e, appunto,
attraverso l’incursione morale e “solaristica” nella psicologia umana, in seguito sviluppato con
l’autobiografico
Lo specchio
, con la seconda irruzione nella fantascienza dei conflitti tra
coscienza e misteriosi impulsi umani di
Stalker
, per avviarsi alla conclusione profetica della
sua filmografia con
Nostalghia
ed il testamentario
Sacrificio.
La ricerca del trascendente insita in
Solaris
pone domande radicali
e, mentre indaga sulle contraddizioni del desiderio e sulla paura del-
l’ignoto scatenato dalle emanazioni del misterioso oceano pensante
del pianeta
Solaris
[...], apre anche la strada alla lunga schiera di
“automi umani”, di copie e clonazioni successive, di quei “replican-
ti” che troveranno in
Blade Runner
un cinefilo punto provvisorio di
arrivo prima delle virtualità e delle forme pseudomane raffigurate
nella caotica follia iperfantastica degli anni Novanta e Duemila.
Anche il
Solaris
di Tarkovskij ha tuttavia avuto un “replicante”, il
remake
che conserva lo stesso titolo, diretto nel 2002 dall’america-
no Steven Soderbergh ed interpretato da George Clooney nel ruolo
di Chris Kelvin, l’eroe del quotidiano alle prese con l’inconoscibi-
le. La pellicola del regista di
Sesso, bugie e videtape
e del “trittico”
dedicato alla figura di
Ocean
, se non valorizza appieno l’influsso
della magmatica massa oceanica del pianeta
Solaris
per cercare un
improbabile film d’azione, presceglie il racconto di una
love story
fantascientifica decisamente
yankee
ambientata in un indetermina-
to ma non lontanissimo futuro.
Persino la musica è stata tentata dal complesso pattern enigmatico
di
Solaris
. Si tratta di una video-opera composta dal giovane musi-
cista tedesco Michael Obst nel 1996. Ricalcando la fonte letteraria
e guardando da vicino la pellicola russa, con una straniante musica
elettronica unita alle antinomie dei sentimenti autentici dell’essere
umano, la vicenda contribuisce a restituire quell’aura a suo modo classica che i due film ed il
termine
Solaris
ancora conservano nello spettacolo fantascientifico contemporaneo.
Da: FABRIZIO BORIN,
Solaris
, L’epos, Palermo 2010, pp. 1-3
1 Il corsivo è nostro
2
Scene dal film
Solaris
Tarkovskij (1972)