l'anima, del gesto che si smorza, della conoscenza che matura nel dolore silenzioso.
Il gesto un po' da melodramma di questo Enea tiepolesco (che altri e in più alta sfera costrin-
ge all'abbandono della donna amata) è la sola concessione - in chiave di teatro - alla esteriori-
tà dei fatti. Il Tiepolo preferisce controllare i gesti, dominare con l'occhio la composizione. La
dea Venere in volo è un modo per riempire un vuoto; la nave sullo sfondo, un mezzo per esal-
tare la terza dimensione. Come sempre, anche in un' ora come questa che induce alla riflessio-
ne personale, il Tiepolo è prima di ogni altra cosa pittore.
Un uomo e una donna su di uno sfondo indistinto. Nulla di più occorreva al Tiepolo per realiz-
zare una scena di totale seduzione amorosa. Il
di più
esiste e come, tuttavia: calato nella forma:
nel fascino di un colore marezzato, nelle sfaccettature indefinite di una luce che si screzia.
Rinaldo
abbandona
Armida
è l'episodio più importante della stanza dedicata dal Tiepolo a
Torquato Tasso e al suo poema della
Gerusalemme liberata.
Per comprendere questo affresco,
come quelli che lo affiancano, il maggiore aiuto ci viene da uno scrittore veneto, Guido
Piovene. Nel manifestare la sua predilezione per il Tiepolo degli
adagio
musicali di Villa
Valmarana, rispetto a quello degli
allegro
o dei
presto
che turbinano nei palazzi e nelle chiese,
il Piovene motiva la propria scelta con il proposito qui espresso come non mai dal pittore, di
fare opera di bellezza e nulla più: ispirata al gusto dell'arte
come viaggio nella propria stanza,
oggetto di consumo immediato del cuore.
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