subbuglio, a fare da sfondo a Tetide marina, madre dolorosa e amante.
In una scena come questa di Andromeda, che il prode cavaliere Ruggero in groppa al mitico
Ippogrifo salva, dal finire in pasto all'orrida Orca marina, il Tiepolo riafferma il tono che fa la
musica sommessa di Villa Valmarana. Un Tiepolo trasformato da cantore di gesta o celebrato-
re di ambigue glorie familiari, in lirico e sensibile interprete di eventi letterari. Nel trattarli con
il pennello, l'artista si compiace dell'attutirsi dell'enfasi abituale, vinta da un sentimento corpo-
reo reale, da una passione d'amore che non è meno vera, se espressa sottovoce.
Nel dipinto dell'amorosa Angelica che soccorre Medoro, c'è il Tiepolo meno appariscente, con
una immaginazione tenuta desta dai sensi e con la sua, finalmente espressa, nostalgia di uomo
incline alle figure d'amore. Le figure dipinte a cui la prodigiosa onda di luce, nella quale le tinte
esalano, fornisce materia incorruttibile di contemplazione. Ma c'è soprattutto un Tiepolo che
riporta sulla terra le immagini che per anni ha proiettato in uno spazio indefinito, intuito di là
dal mondo presente e conosciuto.
Quell' insieme di meraviglia, di musica, di idillio, in cui consiste l'ottava ariostesca, fa vibrare
la pittura del Tiepolo. Che sembra raggiungere, in questo affresco, anche quell'appagamento
esistenziale e poetico, che veniva sempre differito ad altro tempo.
Il Tiepolo si rifà qui, forse più del solito, all'esperienza tecnica del Veronese, riprendendola dal
punto dove Paolo l'aveva lasciata. Ma la conduce ad altezze anche maggiori: di tocco, di fre-
quenza, di emozione.
Sempre in moto, a fare la spola dietro ai ricchi committenti tra Venezia e la terraferma, tra "por-
tego" e "villa", il Tiepolo rivela qui un sentimento della campagna che non è quello mondano
o letterario dell'Arcadia settecentesca. Ma un sentimento diretto, individuato e colto nel
momento della possibile perdita: una nostalgia, si direbbe, che si trasmette alle forme e al colo-
re, li vela, li intenerisce. Come in questo incantato addio di Medoro e di Angelica.
L'ambigua presentazione del dio d'amore Cupido a Didone, che dell'amore è la preda designa-
ta, è solo il preludio in vesti cerimoniali di un dramma più accennato che agito, più taciuto che
detto.
Incline a fermare l'istante più che a dipanare le vicende di un racconto, il Tiepolo esclude ogni
motivo di concitazione da questo affresco di Enea, l'eroe troiano che il dio Mercurio esorta
all'abbandono della donna amata. A dirlo è la forma stessa del dipinto: siamo al momento del-
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