ca universale. L’espressionismo popolare e ingenuo delle illustrazioni ne è il tratto dominante.
Il Bessarione lo aveva comprato nel Salento.
L’aspetto severo non oscura la luce della
Antologia
di Planude, che è quella dell’epigrammisti-
ca greca.
Per finire, un tardo codice del Cinquecento, di tutti il più celebre: il calendario dei mesi, rea-
lizzato nelle Fiandre e noto come
Breviario Grimani.
Il nome è quello del cardinal Domenico,
che l’acquistò per 500 ducati e lo lasciò alla Repubblica. Ma, conteso, il breviario ebbe vicen-
de a contrasto; finché, consegnato ai procuratori di San Marco, passò da ultimo alla Libreria
che lo detiene.
L’antisala
Biblioteca, ma anche museo e scuola umanistica per il patriziato, la Marciana esprime, come
forse nessuna (eccettuata la fiorentina Laurenziana), la puntuale rispondenza tra le forme e i
significati (fin dall’antisala, usata come aula di studi e sormontata dalla
Sapienza
di Tiziano).
Quei significati, cioè, che un filtro esoterico e platonizzante vela agli occhi dei profani, ma
svela ai dotti e agli iniziandi.
La sala maggiore
La grande sala, che si dilata di là dalla soglia del vestibolo, è il
Sancta Sanctorum
dell’intero
edificio: spazio splendido e ricco più di qualunque altro, destinato com’era ad ospitare i pre-
ziosi codici del Bessarione; sintesi di sapienza antica, seme di sapienza futura. Coerentemente,
il denso apparato iconografico, distribuito nei ventuno tondi del soffitto e lungo le pareti, non
si limita ad essere (come osservava l’Ivanoff) lo «specchio allegorico delle scienze rappresen-
tate dai codici del Bessarione », ma diventava qualcosa di più: «una poetica esaltazione del
sapere umano».
I canoni di questo sapere sono quelli, in fermento, della civiltà umanistica del tempo; e la squa-
dra di maestri pittori, nuovi e meno nuovi, che la triade Tiziano-Sansovino-Aretino mobilita
per la grande impresa, si adopera al meglio delle possibilità, esprimendo un ventaglio stilisti-
camente vario, che va dalla maniera tosco-romana, prevalentemente nei tondi, alla venezianità
del Tintoretto e del Veronese. Di questi, si mostra qui la serie dei
filosofi
entro nicchie: monu-
mento alla cultura antica – è ancora l’Ivanoff a dirlo – e visibile l’emblema della Venezia con-
temporanea.
L’innesto operato dal Bessarione nel tronco della tradizione latina mostra interi i suoi frutti: che
sono di equilibrio, temperanza, classicità.
L’interno della Biblioteca Casanatense
Il cardinale Bessarione è figura eccentrica e fuori della norma, a motivo e in ragione della sua
grecità, che convive in splendido ma precario equilibrio con le esigenze e i doveri della veste
indossata.
Volendo individuare una figura di cardinale, che in modo istituzionale e classico interpreti la
parte, svolta da questi principi della chiesa romana come produttori e conservatori di memoria
scritta, questi non può essere che il cardinale Girolamo Casanate, vissuto tra il 1620 e il 1700.
Della sua eredità culturale, morale e patrimoniale, l’odierna Biblioteca Casanatense – di cui
percorriamo il salone settecentesco – è il frutto postumo. A garantirlo fu l’interposta opera dei
domenicani di Santa Maria sopra Minerva, a cui il porporato commise l’istituzione di una
biblioteca di pubblica utilità.
Le opere esposte
Questa
Bibbia
latina quattrocentesca, non troppo rara, giunse a Roma da Venezia al Casanate.
La bellezza e il valore iconografico della copia risiedono nella non appariscente, ma finissima
7