CineArte on line 2007 - 213 - page 74

V’è ancora, o mi sbaglio,
uno scompenso tra l’inten-
zione interpretativa ed i
mezzi cinematografici: nel
senso che il cinematografo,
come mezzo potente ed
efficace di comunicazione
d’immagini viene general-
mente applicato a tipi di
critica già costituiti e d’im-
piego comune , la biogra-
fia, la lettura poetica o la
descrizione letteraria del-
l’opera, l’analisi formale.
Tuttavia è ben certo che la
ripresa cinematografica
rende sensibili, dell’opera
d’arte, aspetti, elementi, interni raccordi d’immagini e correlazioni di valori, che non sono rilevabili
alla lettura diretta; e che pertanto è legittimo considerare la ripresa cinematografica come uno stru-
mento d’indagine critica, e di un’indagine specificamente interessata alla scoperta di valori che non
si danno alla ricerca condotta con altri e più consueti mezzi di studio. È facile dedurne che lo stru-
mento cinematografico risponde a nuove, attualissime esigenze critiche; favorisce il collocamento
dell’opera in un punto focale che conferisce ai suoi valori un grado di perspicuità o di evidenza che
li impone come attuali alla coscienza moderna; e però non è tanto uno strumento ubbidiente a un
metodo critico, quanto un processo metodico della moderna critica d’arte. Escludiamo subito che gli
elementi non rilevabili solo che attraverso la ripresa cinematografica siano elementi oggettivi, che la
macchina da presa può cogliere in forza della sua maggior recettività e mobilità rispetto all’occhio
fisico: è ovvio che tali elementi sarebbero, e di fatto sono, ugualmente rilevabili nell’ingrandimento
fotografico. Escludiamo anche che la maggior “vivezza” delle immagini dipinte o scolpite proietta-
te sullo schermo dipenda da un’illusione di movimento, che farebbe agire quelle pure forme pittori-
che o plastiche come pupazzi di un presepe meccanico e restituirebbe alla rappresentazione il
«tempo» che l’artista le ha sottratto, bloccandola nello spazio: a confutare questa ipotesi basterà
osservare che il forte
ingrandimento dello scher-
mo accentua l’evidenza
della «materia» pittorica o
plastica, fino al tocco del
pennello e al cretto della
pasta o alle vene del legno
e del marmo, e però, lungi
dal fornire un’illusione del
vero, sottolinea la non-
verosimiglianza delle cose
dipinte o scolpite. A dispet-
to, o forse in virtù, della
rappresentazione di movi-
mento, le figure, gli anima-
li, gli alberi, le rocce del
quadro o del rilievo, riman-
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