Come può esser letta l’immagine pittorica
Nel suo saggio
Sei passeggiate nei boschi narrativi
, Umberto Eco racconta un aneddoto:
«C’era una volta l’ultimo re d’Italia, Vittorio Emaunele III, inviato in esilio alla fine della
guerra. Questo re aveva fama di essere uomo di scarsa cultura umanistica, e maggiormente
interessato a problemi economici e militari, anche se era un appassionato collezionista di
monete antiche. Si racconta che un giorno avesse dovuto inaugurare una mostra di pittura, e
fosse stato quindi obbligato a percorrere le sale ammirando i quadri. Arrivato davanti a un
bellissimo paesaggio, che rappresentava una vallata con un paesino lungo i pendii della col-
lina, ha guardato a lungo, poi ha chiesto al direttore della mostra: «Quanti abitanti ha quel
paese?»
3
.
L’esempio del re non è da seguire se vogliamo leggere l’immagine pittorica. La sua domanda
è fuori luogo se – come è probabile – si riferiva al paesino reale. In questo caso il re avrebbe
scavalcato del tutto l’immagine mentale del pittore (e con essa le sue intenzioni comunicative),
per riferirsi direttamente al paese ispiratore del quadro, sempre ammesso che esistesse.
Legittima sarebbe stata la domanda, lo dice anche Eco
4
, se il re fosse entrato a tal punto nello
spirito del quadro da chiedere quanti abitanti ha il paese del quadro, cioè se nell’universo men-
tale del pittore il paese fosse concepito come abitato, vissuto, animato. In questo caso avrebbe
colto appieno la proposta dell’artista di un universo suo personale, superandolo perfino in
immaginazione.
Esiste, sì, una metodica di lettura dell’immagine pittorica, che tiene conto delle scuole, degli
stili, delle correnti. Tutto questo si può agevolmente trovare nei manuali didattici, adatti all’età
dei ragazzi con cui si lavora. Come pure valgono i concetti di dimensioni, colore, proporzioni,
punto di vista che già abbiamo applicato all’immagine in generale. Come elemento proprio
della pittura noi dovremo cercare di evidenziare ai ragazzi il mondo interiore del pittore che si
rivela attraverso le sue opere. Non solo nel suo modo di
vedere
, ma anche di
sentire
.
Prendiamo l’esempio di Van Gogh proposto da Ernst Gombrich nel saggio
L’immagine e l’oc-
chio
. Riferendosi al famoso quadro
Stanza da letto ad Arles
, del 1888, in cui ha dipinto la sua
vera camera, Van Gogh scrive al pittore Gauguin:
Ho fatto, sempre per il mio arredamento... la mia stanza da letto, con i mobili in legno bianco
che lei sa, ebbene mi ha enormemente divertito dipingere quell’interno senza niente, di una
semplicità alla Seurat; a tinte piatte ma con pennellate grosse, a pasta piena, i muri lilla pal-
lido... Avrei voluto esprimere con tutti questi toni molto diversi un senso di riposo assoluto,
vede, di bianco non c’è che la piccola nota data dallo specchio con cornice nera...
5
.
In un’altra lettera al fratello Theo, scrive:
Insomma la vista del quadro deve riposare la testa, o meglio l’immaginazione. I muri sono lilla
pallido. Il pavimento è a mattoni quadrati rossi... Le porte sono lilla. […] La quadratura dei
mobili deve rafforzare l’idea di un riposo inalterabile... Le ombre e le ombre rinforzate sono
soppresse, il colore è a tinte piatte e schiette come nelle stampe giapponesi
6
.
___________________
3
U. Eco,
Sei passeggiate nei boschi narrativi
, Bompiani, Milano 1994, p. 91.
4
Idem
, pp. 94-95.
5
Citato in: E. Gombrich,
L’immagine e l’occhio
, Einaudi, Torino 1985, p. 182.
6
Idem, p. 183.
4