quale la parola è spodestata dall’immagine
”.
A non convincere, nel secondo membro della proposizione, è la sommaria condanna dell’im-
magine in sé e per sé, ontologicamente assunta: condanna che nasce
dall’avere l’autore declassato l’universo dell’immagine, in tutta la sua
virtuale pregnanza semantica e simbolica, al mediocre livello di quel
miscuglio di larve visive e sonore – spesso al di qua di una qualsiasi
forma raggiunta o da raggiungere – nel quale consiste per solito per
pochezza o per dolo l’odierno messaggio televisivo. Parzialmente cor-
retta e integrata, la frase del Sartori potrebbe infatti suonare pressappo-
co così: non l’immagine in sé, ma il video TV (uguale
broadcast
) sta
trasformando l’
homo sapiens
prodotto della cultura scritta , in
homo insipiens
, nel quale non
trovano posto né il sapere astratto, concettuale, né il sapere concreto, intuitivo; che è tale in
forza delle potenzialità innegabili dell’immagine. La quale, nella sua basilare funzione rappre-
sentativa, interagisce sempre con la mente nella misura in cui
eccede il dato sensibile imme-
diato.
Sul tema, le ricerche fatte a suo tempo da Rudolf Arnheim si rivelarono decisive nel confu-
tare la dottrina del pensiero privo di immagine (vedi: “
Visual thinking
”, Berkely-Los Angeles,
1969). Arnheim si domandava: si può pensare senza immagini? La sua risposta fu (ed è per noi)
negativa e argomentata.
Per contro: a chi tuttavia continuasse a dubitare della capacità dell’immagine di essere pen-
siero e di veicolare concetti, consiglierei di mettere sotto esame certi episodi della storia del-
l’arte, più significativi di altri, se consi-
derati dal punto di vista iconologico. Ad
esempio: il ciclo dei sarcofagi paleocri-
stiani, in ordine ai quali mi limiterò a
citare un inequivocabile giudizio di un
insigne storico dell’arte del secondo
Novecento, Angiola Maria Romanini,
quando scriveva in proposito: “
Uno degli
elementi più singolari…è la densità del
pensiero teologico e storico che… per-
corre [i sarcofagi “a teste allineate”] e
incalza le immagini caricandole di uno
straordinario spessore concettuale…Ogni immagine concentra in sé una molteplicità di vicen-
de tramite riferimenti e connessioni di pura natura
mentale, “messaggi” diretti non alla fantasia ma
all’intelletto di quelli che diremmo “lettori” piuttosto
che non “osservatori”. In altre parole, le immagini
valgono qui come vera e propria “scrittura”, stimo-
lando processi associativi di natura cognitiva e mne-
monica e così giungendo a condensare in spazi inso-
litamente brevi intrecci di inaudita complessità in un
hic et nunc
di natura non già fisica o emotiva…ma
intellettuale
” (in
L’arte medievale in Italia
, Sansone editore). Sul banco degli imputati, colpe-
vole di disastro cognitivo, non dovrà allora essere posta l’immagine
tout court
, bensì quel par-
ticolarissimo tipo di
visione artificiale a distanza
, che ci “gratifica” tra le pareti domestiche.
Detto in altri termini, sotto osservazione va messo l’impatto che il messaggio tecnologico
produce sul sistema nervoso centrale del destinatario rispetto ad una comunicazione che avven-
ga per vie “naturali”, quando – già elaborato sul partire e poi, in corso di trasmissione, dal
medium
che lo veicola – il testo del messaggio sia sottoposto in fase di arrivo, ossia di ricezio-
ne, soprattutto al condizionamento del contesto psico-sociologico e culturale.
Gli effetti che ne risultano rientrano nelle maglie di quel fenomeno in generale, che il Mc
Luhan aveva sintetizzato nella fortunata formula, “Il
medium
è il messaggio”, asserendo con
essa che ad ogni
medium
, anche il più apparentemente neutro uno stesso messaggio reagisce
con proprietà e modalità diverse e particolari.
Nel condividere questo concetto riteniamo tuttavia opportuno chiarirne più a fondo il senso
e la portata. Nasce infatti spontanea una domanda: quando parliamo di strumentazione elettro-
2
Sarcofago di Giunio Basso -
A destra particolare
Sacofago Ludovisi -
particolare