L’OCCHIO, L’ORECCHIO E LA TV
di Vittorio Di Giacomo
Con queste note, che sono soltanto l’abbozzo di un discorso di più ampio respiro, mi pro-
pongo di rimettere a fuoco, e se possibile di indirizzare ad un concreto fine, alcuni problemi
tuttora aperti riguardanti il linguaggio audiovisivo inteso come germe attivo della medialità
elettronica e digitale; e quindi come momento critico, cruciale, di una comunicazione di massa,
assurta a protagonista della società in cui viviamo, che è per antonomasia la società della comu-
nicazione.
Un approccio di questo tipo presuppone ovviamente che si valuti il linguaggio audiovisivo,
allineato con le più recenti conquiste della tecnologia, non come l’effetto di una semplice inte-
grazione delle millenarie arti della parola e dell’immagine, bensì come alcunché di “rivoluzio-
nario” che investe alla radice i processi fisiologici, psicologici, mentali e culturali della perce-
zione, avendo agito da un lato sulla struttura profonda del messaggio e agendo dall’altro, in
particolare, sulle sue condizioni di trasmissione e di ricezione.
Dirò allora che, a ribadire una critica e allarmata valutazione di tale tipologia comunicativa,
pur cercando di non cadere in tentazioni apocalittiche, è la rilevanza della posta in gioco. La
quale consiste nella possibilità o no per l’uomo d’oggi – preso in una invasiva rete di relazio-
ni che minaccia di alterarne in radice l’autenticità – di resistere in qualche modo e misura all’al-
luvione della comunicazione di massa, tecnologicamente irresistibile. E quindi investe la pos-
sibilità o meno di salvare i superstiti equilibri del linguaggio e dei linguaggi, su cui si attesta
bene o male il nostro precario standard di civiltà: equilibri tradizionali fra le distinte ragioni
della comunicazione e dell’espressione, dell’utilitario e del poetico, dell’astratto concettuale e
del concreto iconico. E quindi del vero e del falso, del reale e dell’irreale.
In proposito, non sarà inopportuno ribadire alcuni concetti (non invecchiati) degli opposito-
ri. Solo per fare un esempio, ma significativo: secondo i critici avversi la causa prima dell’es-
sere noi divenuti, come generazione, sempre più estranei al lascito di memoria di cui è intes-
suta l’identità profonda dei singoli e delle comunità – quanto meno in Occidente – è proprio
l’epocale babele delle nuove tecnologie audiovisive.
Nulla di originale pertanto in questa mia (e spero nostra) volontà di
tentare, ancora una volta, un approfondimento. Sull’intera proble-
matica esiste infatti, anche se non sempre disponibile, un’agguerri-
ta saggistica di tenore psico-sociologico da tempo condotta, il più
delle volte, con rigore di pensiero filosoficamente educato. Una sag-
gistica che, dando per scontato il contributo originario del pioniere
Marshall McLuhan (
Gli strumenti del comunicare
), ha visto nel
tempo impegnati a capire ingegni sottili e versatili: da Marc Augé a
Benjamin R. Barber, da Jean Baudrillard a Furio Colombo, da
Derrick De Kerkhove a John Condry, da Karl R. Popper a Paolo
Glisenti, già autore con Roberto Pesenti di una memorabile inchie-
sta sulla televisione negli Stati Uniti.
Tra i non pochi tra codesti pensatori scegliamo, a motivo della sem-
plificazione posta alla base del suo discorso, tuttora utile, quel Giovanni Sartori, politologo
autorevole e massmediologo acuto, autore circa un decennio fa di un volume alla portata di
tutti:
Homo videns
(Bari, 1997- ’98), definito dall’autore come “saggio del post-pensiero” del-
l’era televisiva.
L’avere scelto come referente specifico il testo sartoriano nasce per di più, al di là dell’ac-
cattivante vivacità della scrittura, dal fatto che avesse suscitato in molti lettori il massimo del
consenso possibile ma, insieme, un altrettanto convinto dissenso. In quanto a me, basandomi
su di una più che trentennale esperienza cinetelevisiva, oltre che sui miei privati malumori di
spettatore, non potevo non essere d’accordo pur con qualche riserva con il Sartori quando rias-
sume il suo pensiero affermando: “
La televisione modifica (impoverendolo) l’apparato cogni-
tivo dell’
homo sapiens
”
(vedremo poi come e perché).
Il vero e proprio dissenso nasce invece dall’analisi dei fattori che sarebbero all’origine dello
scempio cognitivo: fattori individuati sbrigativamente così: “
il video sta trasformando l’
homo
sapiens
prodotto da cultura scritta in
homo videns
…[fin qui quasi nulla da eccepire]…
nel
1
Marshall McLuhan 1911 - 1980