un parere su determinati argomenti, produce una serie di discorsi dalla fisionomia precisa.
Tutte queste quattro accezioni del concetto di “critica cinematografica” hanno certamente
una loro utilità, per iniziare a definire meglio quest'ambito tutto sommato sfuggente, nonostan-
te – come si è detto – la sua estrema visibilità nel mondo comunicativo contemporaneo. Per
approfondire ulteriormente la questione, tuttavia, potrebbe essere appropriato mettere a con-
fronto l'idea di critica cinematografica con un concetto suggerito da Pierre Bourdieu in un
corso tenuto al Collège de France nell'anno accademico 2000-2001: il concetto di “campo
disciplinare”
2
.
L' idea, semplificata per l'economia del discorso, è la seguente: ogni ambito dell'attività
umana in cui si produca sapere specialistico è strutturato da una serie di regole, che ne defini-
scono le possibilità epistemiche. Esiste l'eventualità della violazione delle procedure (che, in
alcuni casi, può anche condurre a risultati interessanti), ma complessivamente l'
habitus
di un
determinato settore tende a preservarsi. Un sistema conoscitivo dotato di simili caratteristiche
si dice dunque campo disciplinare, la cui autonomia da altri campi analoghi deriva da una serie
di tratti peculiari quali la specificità del mestiere, la formalizzazione del linguaggio e la pre-
senza di un sistema di selezione dell'accesso al campo.
Al confronto con un simile schema, il mondo della critica cinematografica sembra improv-
visamente farsi confuso, lasciando emergere una serie di debolezze che lo allontanano dai ter-
ritori del rigore scientifico. Innanzitutto, infatti, il mestiere di critico per il cinema non sembra
contraddistinto da alcuna specificità. Al confronto di professioni quali la medicina, la psichia-
tria o l'architettura, non esiste per questa figura certezza e certificazione del capitale intellet-
tuale accumulato. In parole povere, non esiste un percorso formativo unico che conduca natu-
ralmente alla critica cinematografica. Qualunque qualifica, nei fatti, permette di esercitare tale
professione.
È d'altro canto possibile sostenere che chi affronti discorsi teorici sul cinema debba padro-
neggiare un gergo caratteristico: eppure, in realtà, un simile linguaggio è facilmente assimila-
bile dopo la lettura di un buon manuale, a differenza dell'alto grado di complessità riscontrabi-
le nei linguaggi di altre discipline, non necessariamente affini alle scienze matematiche, fisiche
o mediche. Il tecnicismo è anzi visto come qualcosa da cui rifuggire in certi ambiti della criti-
ca per il cinema, in particolare quando essa sia destinata a quotidiani o riviste di ampia circo-
lazione.
Infine, è chiaro da quanto sinora espresso come la critica cinematografica preveda debolis-
sime barriere d'accesso al suo campo. Non vi sono forme riconosciute di attestati o sanzioni,
legati magari all'appartenenza ad ordini o a forme organizzative simili. Esiste un Sindacato dei
critici cinematografici, ma la sua forza normativa non è tale da
essere paragonata con quella di altri e più restrittivi settori.
Non è dunque opportuno considerare la critica cinematografica
un mestiere ufficiale, quanto una forma particolare d'esercizio
della facoltà interpretativa, che si attua in genere nella più ampia
cornice della professione giornalistica. Non per questo, tuttavia,
si può sostenere che un testo ascrivibile alla critica cinematogra-
fica sia privo di tratti peculiari, che lo rendano distinguibile da
altri tipi di discorsi sul cinema.
A questo proposito, si possono qui ricordare dei concetti espres-
si in uno dei più chiari contributi allo studio dell' interpretazione
del cinema, ovvero il saggio di David Bordwell:
Making
Meaning
3
. L'autore americano identifica nell'attività d'interpre-
tazione tipica della critica cinematografica contemporanea una
serie di
routine
, consolidatasi in anni di pratica, da parte di nume-
rosi autori, su riviste specialistiche e non. Alcune di queste
rou-
tine
sarebbero riconducibili ad attività di
problem solving
. In
sostanza, secondo questa proposta, la critica cinematografica nelle sue forme più compiute può
anche sembrare una pratica carica di alte valenze culturali, ma nei fatti è il risultato di un pro-
cesso cognitivo in cui è stato necessario risolvere dei problemi.
Il principale ambito di problemi che si presenta al critico riguarda l'attività di reperimento
di significati. Per comunicare la lettura personale di un film, occorre rinvenire in esso dei nuclei
di senso, che possano fornire materiale ad un discorso argomentativo. Bordwell classifica in
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